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martedì 22 maggio 2012

Martedì 22 maggio - 13° giorno di sciopero della fame

Martedì 22 maggio




13° giorno di sciopero della fame



Questa mattina mi alzo, ma non posso prendere neppure il solito caffè, devo rimanere “digiuno”, più tardi viene una infermiera a prelevarmi il sangue per le analisi. Per mia fortuna non tarda molto. Almeno il caffè della prima mattina mi sia consesso.
Intanto la Nicoletta che era rimasta dormire a casa mia era scesa a montare il gazebo in piazza.
Bella discussione con l’infermiera sui soprusi della giustizia, sulla presunta legalità di questo stato che si basa sul furto.
La mattina scorre tranquilla e ricevo anche la visita inusuale della polizia, reparto anticrimine, ossia i responsabili della mia detenzione domiciliare. Le domande che mi rivolgono denotano preoccupazione per lo stato fisico derivante dallo sciopero della fame.
Alle 14.00 arriva anche il medico. Qualche parola, mi chiede del prelievo del sangue e mi rileva la pressione: 75/120.
E mentre mi dice che una pressione così la vorrebbero avere molti che pure mangiano due volte al giorno, si alza e mi da appuntamento a venerdì, quando avrò i risultati delle analisi del sangue.
Stamani, oltre alle mie tisane devo fare un paio di thermos di the per Nicoletta.
Al Presidio passano diversi compagni che si alternano a fare compagnia alla Nicoletta. Ma soprattutto a colloquiare con le tante persone che si fermano a parlare, a chiedere del Tav, di Antonio, del Parcheggio. Molte sono le firme raccolte sulla Lettera al GIP.
In un resoconto al termine della giornata, i compagni si esprimono in modo positivo sulla presenza in piazza del gazebo NO TAV.

 
di seguito una pagina di Diario. E' la descrizione della mattina dell'arresto
scritto in un giorno successivo, mentre ero ancora in isolamento
 
 
GIOVEDI’ 26 GENNAIO


Mi pare di sentire suonare il campanello. Risuona e lo distinguo bene. Mi alzo chiedendomi chi possa essere. Scendo le scale, guardo l’orologio:6.30. Tre ore e mezzo di sonno mi rendono difficile aprire gli occhi. Apro invece la porta. Mi si para davanti il digos Scaccia. Con lui altri tre digos si fiondano in casa. Non ho neppure il tempo di chiudere la porta e vedo due digos iniziare la salita delle scale.

Gli comunico che sono solo in casa e che nessuno può andare in giro senza il mio controllo visivo. Scaccia blocca i due e invita alla calma. Abbiamo tutto il tempo necessario. Poi si rivolge a me e comunica che sono venuti ad arrestarmi. Rimango perplesso; mi dico che devo rimanere calmo e fermo. In testa mi si accavallano mille pensieri. Tutto si sblocca allorché lo Scaccia depone sul tavolo un fascicolo alto un cinque centimetri. Gli altri sono fermi e si guardano intorno a cercare di vedere la casa. Mi comunica che devono perquisire la casa. Gli chiedo di non mettersi a disfarla , se mi dicono cosa cercano, se ci fosse lo tiro fuori senza dover distruggere niente. Cercano: uno zaino, scarponi da montagna, pantaloni beige chiari, passamontagna, una maglia azzurra. Conoscono la mia passione per la montagna e sanno che scarponi, zaino, passamontagna in casa li tengo. Anzi di zaini in casa ce ne sono 3 o 4. Gli scarponi gli vanno bene, così pure il passamontagna, per lo zaino decidono per quello più piccolo, azzurro come quello grande, anche su mia proposta; quello grande costa molto di più ed è più professionale. Saliamo le scale per andare a prendere pantaloni e maglia. Chiedo di poter andare un attimo in bagno. Porta aperta e digos che mi controlla, ma anche io controllo loro. Andiamo in camera, apro il cassetto dei pantaloni. Ce ne sono tre paia beige, scelgono il più chiaro e lo sequestrano. Maglie azzurre non ne posseggo. Controllano più volte e decidono di non prendere nessuna maglia; altri colori similari non gli piacciono, ossia non gli servono. Su uno scaffale vedono un foulard “NO TAV”. Sequestrano pure questo. Anche un giornale No Tav entra nel materiale sequestrato. Si ritorna dabbasso e mi faccio, finalmente, un caffè. Neppure mi passa per la testa di offrire.

Su un mobile a destra dell’ingresso vedono una macchina fotografica digitale (neppure mia, ma della mia compagna): gli piace e sequestrano pure questa.

Seduto al tavolo lo Scaccia termina di scrivere su vari fogli. Si passa alle firme. Una decina. Mi consegna infine il “mattone” degli atti, facendomi notare che è a colori. Sfoglio le prime pagine. Una quarantina di nomi. Mi consegna il mandato di arresto, il mandato di perquisizione. Gli chiedo se stanno arrestando tutte le persone elencate, se in tutta Italia si sta procedendo ad una tale operazione. Penso già alla campagna mediatica che si svilupperà sull’operazione, alla criminalizzazione che si tenterà di fare del Movimento No Tav.

La perquisizione deve essere fatta anche alla mia auto. Cosa ci cerchino non è dato sapere, sicuramente anche niente. Serve solo per affermare il loro Potere: ti si può fare tutto a anche di più, seppure non serva a niente. Lo si fa, punto e basta. Senza manette usciamo di casa, si controlla l’auto, parcheggiata in piazza e ci rechiamo in Questura. Non Prima di aver riempito lo zaino grande non sequestrato di abbigliamento per il carcere.

In Questura viene steso il verbale della perquisizione e del sequestro del materiale. Circa due ore per una paginetta. Hanno il tempo per portarmi alla scientifica per le foto segnaletiche e le impronte digitali. Risaliti all’ufficio digos chiedo di poter fare la colazione. Sbigottimento e perplessità. Affermo che potrei andare al bar accanto: quindici minuti e risono qui. Mi guardano sbigottiti e non riescono ad aprire bocca. Ti accompagno io, afferma infine lo Scaccia, forse conscio che stanno effettuando un’operazione solo repressiva e punitiva, che sono coinvolti in un’operazione di vera e propria ingiustizia. Non nego di aver pensato che avendo, lo Scaccia compreso (forse, lo desumo) qualcosa, per una volta si merita un caffè, quindi al bar pago il mio cappuccino con briosce e il suo caffè. Si fa rientro in Questura.

Prima di uscire affermo che in tasca mi sono rimaste le chiavi dell’auto e che questa non può rimanere in Piazza tutto il tempo che eventualmente rimango fuori (pardon: dentro…il carcere). Vi potrebbe essere necessità della Piazza vuota ed allora mi porterebbero via l’auto. Chiedo di poterle far avere alla mia compagna. Ancora perplessità: come possiamo fare? Mi fate telefonare ad Anna, e la faccio venire al carcere, oppure passiamo da casa sua. Sanno che Anna abita fuori città, ci vuole troppo tempo, optano per la telefonata e mi chiedono quanto tempo gli occorra per raggiungerci al carcere. Devo chiedere. Va per la telefonata. Così posso comunicare il mio arresto, che si sta sviluppando un’operazione in tutta Italia, che riguarda un considerevole numero di persone. Ma lei aveva già sentito un Tg ed era informata. Ovviamente non del mio arresto. Fissiamo davanti al carcere tra 15 minuti. Ai digos sembrano tanti. Basta aspettare ancora un po’ qui, dico io, ritornando a sedere. Attesa di una decina di minuti e partiamo. Faccio per uscire, mi viene davanti un digos che tiene le manette. Quale sarebbe la necessità? Chiedo. Non possiamo farci vedere uscire senza che tu abbia le manette. Da chi? Silenzio. Lo vedo fuori dove i fotografi dei giornali erano stati convocati. In macchina me le tolgono di nuovo. Procediamo piano per arrivare un po’ più tardi. Arrivati a poche decine di metri dal carcere, guardano ma non scorgono l’auto di Anna. Fermano e lasciamo che Anna ci sorpassi. Quindi arriviamo al carcere. Mi devono mettere le manette, non possono fare diversamente, devo entrare in carcere da arrestato. Ma va!!

Il tempo di salutare Anna, consegnare le chiavi dell’auto e di casa, un abbraccio (si fa per dire) con le manette (che brivido!) un bacio ed entriamo.

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